Il bullismo è una manifestazione di un comportamento sociale di tipo intenzionale, connotato da violenza sia di natura fisica che psicologica, oppressivo e vessatorio, perpetuato nel corso del tempo e rivolto nei confronti di persone considerate dal soggetto che promuove l’azione in questione come facili bersagli  e/o incapaci di difendersi.

Recentemente con l’avvento di internet in questi ultimi decenni si è iniziato a parlare di cyberbullismo, ma tale fenomeno è riscontrabile anche in altri ambiti e a seconda del contesto si può parlare di mobbing (in ambito lavorativo), nonnismo (nelle forze armate).

In questo articolo, vorrei porre l’attenzione su un singolo aspetto del fenomeno che, per la sua vastita e complessità, richiederebbe una trattazione più estesa dato che coinvolge diversi soggetti (il bullo, la vittima, i fiancheggiatori e quindi i fenomeni gruppali).

Di particolare interesse in questo fenemono sono i meccanismi di difesa messi in atto dall’aggressore. Molto spesso, infatti, oltre alla coazione a ripetere, ossia quel meccanismo tale per cui chi ha subito nella sua vita un “trauma” mette in atto e agisce continuamente tale comportamento (non elaborato), vi è un uso massiccio delle proiezioni di vissuti negativi che, proprio perchè presenti in grande quantità, devono essere evacuati all’esterno e la vittima diviene il depositario e bersaglio di questi vissuti inelaborati dall’aggressore (questo fenomeno può avvenire anche in contesti di gruppo dove la vittima è allo stesso modo un gruppo di individui). La vittima diviene così un capro espiatorio, portatore di tutti i mali dell’aggressore che, proprio perchè li ha evacuati, li può vedere (sull’altro) e, a questo punto, attaccare (da sottolineare però che non vi è mai un’accettazione di questi vissuti, non li riconosce come suoi bensì come appartenenti all’altro).

Negli adolescenti, questo fenomeno è molto visibile nella sua forma più forte, proprio perchè gli adolescenti per antonomasia vivono qualsiasi emozione con forte trasporto (uno dei fattori di questa loro caratteristica è perchè il loro lobo frontale è ancora in fase di sviluppo per cui la regolazione delle emozioni è più deficitaria rispetto a come fanno gli adulti, o dovrebbero fare!). Gli effetti di questi vissuti violenti possono essere anche catastrofici, dato che in alcuni casi la vittima pone fine a questo meccanismo togliendosi la vita. Più frequentemente, emergono vissuti depressivi, attacchi di panico, evitamento dei contesti dove il comportamento vessatorio è messo in atto, con il conseguente peggioramento della propria qualità di vita (si pensi per esempio agli abbandoni scolastici).

Per questo motivo, è importante in questi casi, per gli adulti di riferimento, siano essi insegnanti, genitori, educatori ecc,  monitorare bene i comportamenti dei ragazzi e, in caso di fenomeni di bullismo, dare un giusto sostegno alle vittime ma anche agli “aggressori” che, in questo caso, non sono altro soggetti che manifestano un loro malessere interiore con questo tipo di comportamenti.

A cura del dott. Marco Santini
Percorsi Psicologici
Studio Psicologo Sesto San Giovanni (MI)
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