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Il post di oggi nasce dall’esperienza che ho vissuto in un momento di libertà dal lavoro. Oggi ho avuto un paio di ore libere tra un paziente ed un altro e mi sono lasciato rapire da internet e ho “liberamente” associato via web, potrei dire usando a prestito dei termini psicoanalitici.
La cosa che più mi ha colpito, da addetto ai lavori, è la platea di professionisti, o presunti tali, che utilizzano il web per pubblicizzare la loro attività: nella mia ricerca, posta nell’ottica di una persona bisognosa, ho trovato nel giro di pochi minuti siti di counselor, psicologi, alcuni molto presenti su internet che ti pubblicizzano servizi online e e-books (tanto da domandarmi se forse hanno sbagliato lavoro!), psicoterapeuti di vari indirizzi, medici con diverse specializzazioni, una life coach (a cui vanno i miei complimenti per il sito, molto bello graficamente anche se non ho ancora capito bene il metodo di lavoro e l’efficacia della proposta! Comunque brava per il sito). Ora, questo “giro di giostra” tra queste figure mi ha lasciato un pò disorientato e, mi prefiguro, che un simile stato può essere amplificato in chi non tratta nel quotidiano questi argomenti. Da qui la voglia di condividere con voi questa sensazione e alcuni spunti che spero possano aiutarvi in caso di bisogno. Li riassumo per punti per comodità:
1) VALUTARE IL CURRICULUM VITAE E LA FIGURA PROFESSIONALE
Direi che il primo e fondamentale punto di partenza per orientarsi sulla scelta di un aiuto concreto, sia quella di valutare la figura professionale di cui avete bisogno. E’ bene sottolineare questo aspetto perchè le figure non sono tutte uguali. Lo psicologo è un laureato in psicologia, ha fatto un esame di Stato ed è iscritto ad un albo professionale (se avete dubbi sulla persona potete consultare l’albo nazionale e trovare informazioni). Questa è sicuramente una garanzia relativamente alla formazione della persona, poi può non essere la persona giusta per voi! Lo psicoterapeuta ha fatto questo percorso sopra citato ma in aggiunta ha proseguito gli studi per altri 4 anni specializzandosi in una tematica precisa e nel trattamento di patologie più complesse, oltre ad aver fatto un’analisi personale (elemento a mio avviso importante per poter aiutare gli altri, “medice cura te ipsum” dicevano i latini) e aver svolto per quel quadriennio un tirocinio in un ospedale come psicoterapeuta in formazione. Per i medici vale analogamente quanto scritto fin’ora. Diversa cosa per i counselor, life coach: la formazione è generalemente conseguita dopo un diploma, il corso di formazione dura 3 anni a cadenza di un we al mese, il più delle volte (alcune scuole hanno una frequanza diversa). Non esiste un albo di appartenenza per queste figure anche se recentemente si cerca di essere inseriti in associazioni di categoria.2) RIFERIMENTI LEGISLATIVI
La legge italiana regolamenta l’attività di psicologo e gli riconosce la qualità sanitaria delle prestazioni (la fattura è infatti scaricabile ai fini fiscali mentre ciò non può essere fatto per le altre professioni di natura non medica). Per i counselor, life coach, reflector questo non avviene, dato che in Italia queste figure non sono regolamentate con norme precise e questo, purtroppo, alimenta un mercato commerciale di scuole, enti che organizzano corsi per diventare un “professionista” della salute. Naturalmente non tutte le scuole hanno questa mission commerciale alle spalle, tuttavia il trend attuale è orientato in tal senso. La durata della formazione in questi contesti può variare dal week-end ai master iperformativi nel giro di pochi mesi (quando va bene!).
Ora, è bene ricordare che la legge vieta a queste figure di operare nelle situazioni dove è presente una psicopatologia pena l’abuso della professione di psicologo (così come avviene analogamente per i medici per le attività a loro dedicate). Le difficoltà di natura non psicopatologia, l’orientamento in situazioni difficili ma facilmente affrontabili possono rientrare nel loro campo di azione.

3) PASSAPAROLA O INTERNET
Ritengo, a questo punto del discorso, che una buona scelta sia sempre quella che nasce dal passaparola tra amici, parenti che si sono trovati in passato a fare degli incontri con quel professionista. E’ un modo diretto dove la fiducia per la persona cara che ti “informa” dell’esistenza di quello studio professionale, si trasferisce direttamente sul professionista che si ha intenzione di chiamare. In altri casi, quando questa esperienza non è presente o non si vuole far sapere del bisogno attuale di aiuto ai propri conoscenti, il mio consiglio è quello di leggere con attenzioni le informazioni contenute sul sito dello studio che si pensa di contattare. Molto spesso, sono infatti presenti già sul sito contenuti e informazioni che possono dare una prima risposta a quello che si sta cercando e questo diviene un modo per escludere eventuali realtà che non contemplano la risposta al proprio bisogno.

4) ASCOLTARE LE PROPRIE SENSAZIONI
In ultimo, dopo aver valutato, escluso molte realtà e scelto il proprio professionista, è bene dare ascolto alla propria “pancia” e alle sensazioni che ci provengono dopo averlo contattato. I primi colloqui sono spesso un banco di prova per la persona che inizia a sentire se ha trovato il SUO posto dove poter portare il proprio malessere ed iniziare a lavorarci insieme al terapeuta, in quello che io definisco “una sonata a 4 mani”.

A cura del dott. Marco Santini

Psicologo a Sesto San Giovanni (MI)
santini@percorsipsicologici.it