COSA SI NASCONDE DIETRO L’OBESITA’ PSICOGENA?

L’obesità è una condizione di origine organica caratterizzata da un eccessivo peso corporeo (misurato attraverso il BMI – Indice di Massa Corporea), dovuta ad un accumulo di tessuto adiposo, che si sviluppa per l’interazione di diversi fattori.

E’ connotata da cronicità, dunque è molto impattante sullo stato di saluto fisica e psicologica della persona, sia aumentando notevolmente il rischio di sviluppare altre malattie correlate, sia peggiorando la qualità di vita.

L’obesità, in base a questi criteri, viene trattata, dal punto di vista sa della diagnosi sia della cura, come malattia organica e non è dunque annoverata tra i disturbi mentali, nella categoria dei Disturbi del comportamento Alimentare.

Tuttavia, spesso si presenta associata a condizioni psichiatriche e/o disagi psicologici, tra i più frequenti i disturbi dell’area ansioso-depressiva e il disturbo da Binge Eating (ne parliamo anche qui se vuoi approfondire).

Tale concomitanza è ravvisabile sia per quanto riguarda le conseguenze del vivere la malattia nel quotidiano, certamente gravose, sia per quanto riguarda le cause, che come vedremo, possono includere anche aspetti di natura emotiva e psicologica.

LE CAUSE DELL’OBESITA’: UNA CONDIZIONE MULTIFATTORIALE

L’obesità, come detto, ha nel suo esordio e nel suo mantenimento diversi possibili fattori concorrenti, i quali vanno tutti tenuti in considerazione, anche al fine di impostare un percorso di cura adeguato e pensato sulla persona.

In primis, vi sono dei fattori genetici e di ereditarietà e che predispongono la persona ad un maggior rischio di sviluppare obesità.

Connessi ai primi vi sono dei fattori endocrini-metabolici, anch’essi di possibile origine genetica oppure insorti per cause secondarie, che possono contribuire ad alterare il meccanismo di accumulo e metabolizzazione del grasso corporeo.

Vi sono poi dei fattori legati allo stile di vita: tra questi le abitudini alimentari scorrette, in particolare un’alimentazione ipercalorica e disregolata, il consumo eccessivo di alcool, l’assenza di attività fisica, la carenza di sonno e così via.

 

Oggetto più specifico del nostro interesse ed intervento sono infine i fattori psico-sociali.

Tra questi la letteratura he messo in luce un possibile impatto sull’esordio e sul mantenimento della malattia di:

Condizioni socio-economiche, spesso svantaggiate, limitanti o che portano grande stress nella vita della persona.

Contesti familiari: caratterizzati da carente o nociva educazione alimentare già in fase infantile; oppure da dinamiche familiari disfunzionali come l’invischiamento, ruoli scarsamente differenziati tra i membri, eccessivo grado di controllo tra di essi, precoce “adultizzazione” dei bambini, o ancora l’utilizzo del cibo e della funzione nutritiva come dimostrazione di affetto e dedizione, a compensazione di altre carenze.

Meccanismi psicologici: quindi aspetti cognitivi e di pensiero caratterizzanti la persona e il suo modo di processare le informazioni. Tra i più frequenti ad esempio il pensiero dicotomico (tutto o nulla), modalità di descrizione del sé svalutanti, in termini di inadeguatezza, non amabilità, di scarsa autostima (articolo), o ancora il frequente bisogno di definizione del sè dall’esterno (l’Altro).

Aspetti emotivi: tra questi in primis una capacità deficitaria di riconoscersi ed esprimere vissuti emotivi, specie quelli più faticosi, come la rabbia o la tristezza, che restano “silenti” e si manifestano utilizzando ad esempio il canale corporeo, di più facile accesso. L’abbuffata, comportamento spesso presente in questi casi, diventa spesso un meccanismo compensatorio, tramite cui il cibo, assunto in grandi quantità e in modo incontrollato, va a “riempire” un vuoto emotivo scarsamente riconosciuto.

Difficoltà relazionali: tra queste aspetti di dipendenza relazionale, dove l’Altro assume grande valenza nella conferma o disconferma del proprio valore; in casi più estremi invece di ambivalenza relazionale con paura per possibili separazioni, ma al contempo intolleranza alle frustrazioni e brusche chiusure delle relazioni in atto.

Esperienze traumatiche pregresse, occorse in particolare nell’età infantile e nella maggior parte dei casi non elaborate e non integrate consapevolmente nella storia di vita della persona. Tra queste lutti (articolo), malattie fisiche o psichiatriche dei genitori, abusi fisici, sessuali o psicologici vissuti o a cui si è assistito, separazioni e abbandoni, divorzi, coinvolgimento in situazioni delinquenziali e molte altre.

Da un punto di vista psicologico, data la complessità descritta e le poco consapevoli dinamiche psichiche retrostanti, la presa in carico del paziente con obesità deve certamente partire da una domanda:

“È il disagio legato al peso corporeo e alle varie forme di impossibilità esperite nella vita quotidiana a causare il malessere psichico? O c’è un certo disagio psichico, di natura emotiva e/o relazionale che fatica ad esprimersi e lo fa attraverso il corpo?”

Certamente non esiste una risposta univoca e universale che qui si può dare.

Il paziente spesso arriva con una richiesta d’aiuto non chiara o nettamente spostata su dimensioni secondarie, come il rapporto con il cibo, il disagio corporeo esperito o lo stigma sociale legato al peso ecc… e con difficile accesso alle radici del problema.

Queste sono però le domande da cui si muove la psicoterapia, al fine di trovare quello che può essere il percorso migliore in base alla personale storia di vita e funzionamento psicologico dello specifico paziente, con le sue peculiarità, il suo bisogno e la sua richiesta in quel dato momento di vita.