Nell’articolo precedente abbiamo parlato di “Igiene del sonno”, fornendo ai nostri lettori delle strategie pratiche da mettere in atto con lo scopro di dormire meglio.

Nel presente scritto vorrei continuare a parlare di sonno, dando alcune informazioni più precise su uno dei disturbi più frequentemente riferiti dai nostri pazienti: l’insonnia.

Come ho scritto nell’articolo precedente, il termine insonnia fa riferimento a un concetto puramente soggettivo, infatti non esistono dei parametri assoluti a cui fare riferimento per quanto riguarda il tempo necessario per addormentarsi, la durata ottimale di sonno e l’orario migliore di risveglio mattutino.

Le differenze tra individui si riscontrano anche nel sonno, alcune persone hanno bisogno di un numero superiore di ore di sonno per potersi sentire riposati (lunghi dormitori), ad altre bastano 3/4 ore per essere soddisfatti del riposo notturno.

Per questi motivi si tende a definire l’insonnia, anziché come una malattia, come un sintomo soggettivo per cui la persona si lamenta di “dormire poco e/o male e di non trarre dal sonno soddisfazione e la sensazione di aver recuperato energia”.

Si parla di sintomo perché l’insonnia non è mai primaria ma secondaria a un disturbo psichico od organico. Questo concretamente cosa significa? Significa che alla base c’è una sofferenza psicologica (ad es. una situazione preoccupante per la persona in oggetto, un cambiamento stressante, un lutto, un nuovo evento positivo o negativo che destabilizza il soggetto ecc) o un disturbo organico (un dolore fisico, febbre e patologie organiche) dal quale si sviluppano difficoltà ad addormentarsi, a mantenere il sonno o risvegli precoci.

Una prima classificazione clinica che può essere presentata ai nostri lettori si basa sul “momento”, durante la notte, nel quale si presenta l’insonnia. In particolare, si possono presentare le seguenti situazioni:

  • Insonnia iniziale: il paziente riferisce difficoltà ad addormentarsi, impiega più tempo per prendere sonno rispetto alla media generale;
  • Insonnia tardiva: il paziente riferisce precoci risvegli mattutini e impossibilità o difficoltà notevoli a riprendere sonno;
  • Insonnia centrale: il paziente lamenta frequenti risvegli durante la notte.

Un’altra utile classificazione che possiamo fornirvi riguarda la sua durata. Vediamo insieme le varie tipologie.
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  1. Insonnia occasionale: si tratta di difficoltà che, potenzialmente, abbiamo incontrato tutti nella nostra vita. Può capitare che situazioni stressanti e transitorie creino delle temporanee difficoltà a dormire. Spesso, in questi casi, non sono richiesti provvedimenti poiché l’insonnia scomparirà quando la situazione problematica si sarà risolta.
  2. Insonnia transitoria: anche questo tipo di insonnia è causato da situazioni fisiche o psichiche che però compromettono il riposo della persona per un periodo di tempo maggiore rispetto all precedente e inoltre possono essere ricorrenti e quindi tendere a ripetersi nel tempo.
  3. Insonnia cronica o persistente: si tratta di disturbi del sonno che si protraggono per più di 3 settimane. Richiedono un esame approfondito e specifico sia dal punto di vista medico che psichiatrico, senza sottovalutare l’eventualità di un effetto collaterale sul sonno provocato da altri farmaci che il soggetto sta assumendo.
  4. Insonnie secondarie: facciamo riferimento a insonnie derivanti da stati depressivi, ansia, attacchi di panico, malattie somatiche e alcol.

Rinnovo sia l’invito a scriverci per avere ulteriori informazioni, sia l’augurio per un buon riposo.

A cura del dott. Marco Santini
Psicologo Psicoterapeuta Sesto San Giovanni (MI)
santini@percorsipsicologici.it