Che cos’hanno in comune Salvador Dalì, eccentrico pittore surrealista, e Charles Schulz, disegnatore americano di fumetti e inventore del famoso personaggio di Charlie Brown? Le opere artistiche di entrambi sono famose in tutto il mondo, certo, ma forse non in molti sanno che entrambi questi artisti avevano la malattia di Parkinson.
Il legame tra malattia di Parkinson e creatività è ancora oscuro, tuttavia i ricercatori si stanno interrogando su questi temi, anche alla luce di nuove interessanti osservazioni e nuovi risultati scientifici.

Per chi vive con il Parkinson perché ne è affetto, perché ha un familiare che ne soffre, o perché, come i medici, gli psicologi o i fisioterapisti, ci lavora quotidianamente, è abbastanza frequente incontrare qualcuno che dopo la diagnosi di malattia di Parkinson racconti di aver iniziato a disegnare, scrivere, scolpire, senza aver mai avuto prima inclinazioni artistiche.

Si tratta di una semplice casualità o di un fenomeno che merita di essere studiato e approfondito?

Gli studiosi si sono accorti negli ultimi anni di questo filo rosso che collega la malattia di Parkinson con la creatività e si sono domandati quale sia l’origine di questa relazione, in particolare quale sia il ruolo svolto dalle terapie farmacologiche e dalla stimolazione cerebrale profonda (DBS).

Le terapie farmacologiche per il Parkinson includono principalmente i farmaci dopaminergici, ovvero dopamina e dopamino-agonisti. Questi farmaci possono indurre in alcuni pazienti la così detta “sindrome da disregolazione dopaminergica” ovvero la tendenza ad abusare di tali farmaci aumentando la quantità e la frequenza delle dosi senza che ciò sia stato consigliato dal neurologo. Questo sintomo rientra in una più ampia categoria di disturbi, i “disturbi del controllo degli impulsi”, che includono il gioco d’azzardo patologico, gli acquisti compulsivi, l’alterazione del comportamento sessuale, e ogni altro comportamento in cui il soggetto si sente incapace di resistere a un impulso, ad un desiderio impellente, o alla tentazione di compiere un’azione pericolosa per sé e per gli altri. In genere, il soggetto avverte una sensazione di eccitamento prima di compiere l’azione e in seguito prova piacere, gratificazione nel momento in cui esegue l’azione.

Vi sono diversi casi riportati in letteratura in cui pazienti con malattia di Parkinson senza precedenti inclinazioni artistiche o che già le possedevano prima dell’esordio, hanno iniziato ad abusare dei farmaci dopaminergici assumendone sempre dosi maggiori poiché questo favoriva la loro produttività artistica.

Esempio suggestivo di una relazione tra farmaci e creatività è il caso di un paziente, pittore amatoriale fin da prima dell’esordio della malattia, la cui produttività artistica variava in base al dosaggio di farmaco dopaminoagonista. Quando il paziente assumeva dosi molto alte di farmaco, dipingere era il suo unico interesse, a cui si dedicava giorno e notte trascurando la famiglia, la vita sociale e anche il sonno. Trovato il giusto dosaggio di farmaco, il paziente ha continuato a coltivare la sua passione artistica ma in modo più moderato (Kulisevsky et al., 2009).

Persone che svolgono attività e professioni artistiche che sviluppano la malattia di Parkinson sono quindi maggiormente a rischio di sviluppare una dipendenza da farmaci dopaminergici. Vi sono tuttavia altri fattori, quali l’esordio giovanile della malattia, il sesso maschile, il consumo di alcool in grandi quantità, l’uso di droghe e la presenza di disturbi psichiatrici che aumentano tale rischio.

La terapia dopaminergica dunque sembra essere in grado di intervenire sui processi creativi, sviluppando capacità artistiche prima mai manifestatesi o alterandole, fino a livelli patologici.

Se la creatività nel Parkinson fosse soltanto una manifestazione del disturbo da disregolazione dopaminergica, allora i pazienti creativi dovrebbero mostrare anche altre alterazioni comportamentali.

Ricercatori italiani si sono domandati se l’inclinazione artistica di alcuni pazienti sia da considerarsi una compulsione priva di qualsiasi valore artistico oppure se si tratti di un talento artistico silente che emerge grazie alla terapia farmacologica. Infatti, alcune caratteristiche dell’attività artistica di questi pazienti, come il dedicare la maggior parte della giornata alla nuova attività trascurando la famiglia, gli amici e i doveri e impegni quotidiani, potrebbero somigliare a un disturbo del controllo degli impulsi.

I ricercatori hanno quindi confrontato un gruppo di parkinsoniani con produzione artistica con parkinsoniani senza tali inclinazioni artistiche e con un gruppo di controllo di soggetti sani non artisti, facendo rispondere a questionari per l’individuazione di comportamenti compulsivi e di pensiero creativo. Il risultato è stato che i “parkinsoniani artisti” non presentavano un aumento di comportamenti compulsivi o impulsivi, e il loro pensiero creativo era maggiore rispetto ai pazienti parkinsoniani non artisti. Gli autori hanno espresso l’ipotesi che la terapia dopaminergica potrebbe indurre un talento innato a manifestarsi in soggetti con predisposizione artistica (Canesi et al., 2012).
Questo studio sembra portarci finalmente una buona notizia: la terapia dopaminergica non induce solo effetti collaterali negativi (il gioco d’azzardo, allucinazioni, ipersessualità), ma anche un effetto positivo, la creatività.

Cosa possiamo dire invece sugli effetti che ha DBS ha sulla creatività?

Sono descritti in letteratura due casi di pazienti con produzione artistica e con stimolazione cerebrale profonda (DBS): in un caso, una pittrice con malattia di Parkinson da 20 anni dopo essersi sottoposta ad intervento per DBS lamentò che la stimolazione peggiorava la qualità dei suoi dipinti (Drago et al., 2009); in un altro caso, un pittore dopo la DBS modificò completamente i soggetti e lo stile dei suoi disegni (Inzelberg, 2013).

Uno studio francese ha confrontato un gruppo di pazienti parkinsoniani creativi con un gruppo di pazienti parkinsoniani non creativi prima ed un anno dopo l’intervento di DBS. Tra i pazienti creativi, l’inclinazione artistica in alcuni era presente già prima di sviluppare la malattia, in altri si era presentata dopo l’assunzione di farmaci dopaminergici. I ricercatori hanno riscontrato che i pazienti creativi assumevano mediamente dosi nettamente superiori di farmaci dopaminoagonisti prima dell’intervento. Non vi erano invece differenze nella presenza di disturbi del controllo degli impulsi (gioco d’azzardo, acquisti compulsivi, ipersessualità, irritabilità). Dopo l’intervento, il dosaggio dei farmaci è stato ridotto drasticamente in entrambi i gruppi in seguito ad un miglioramento della funzione motoria e la creatività è scomparsa in tutti i pazienti tranne uno (Batir, 2009). Questo risultato può significare sia che la creatività possa essere stata annullata dalla riduzione dei farmaci, sia che la DBS sia responsabile della perdita delle capacità creative.

Un’altra questione rimane aperta: non tutti i malati di Parkinson sviluppano la creatività, perché? Vi sono delle caratteristiche per cui alcuni pazienti sviluppano questi tratti, mentre altri non lo fanno?

Una migliore comprensione delle basi neurologiche della creatività umana e il progresso nella ricerca sulle modificazioni comportamentali della malattia di Parkinson potranno forse risolvere questo problema.

A cura della dott.ssa Manuela Fumagalli
Neuropsicologa
cell: 327-1643917